IDEALE POPULARISTA
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Il popularismo è una corrente ideologica che ha come fine la costituzione di un modello di società auto-regolato in una perfetta armonia tra le parti che lo compongono mediante la costituzione di una cooperazione sociale supervisionata da uno Stato forte, legittimato e fondato sul Diritto, che ha l’onere di condurre questo processo storico di evoluzione della società fino allo stadio ultimo di essa, ossia quella società dove lo Stato sarà solo garante di un sistema auto-regolato che vive in perfetta simbiosi senza nessuna limitazione alla libertà personale. Dunque l’arrivo alla società evoluta, civile e responsabile.

 
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Josif Vissarionovic Džugašvili "STALIN"

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2007 09:49
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Stalin
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Stalin

Mandato: 1924 - 1953
Predecessore: Lenin
Successore: Georgij Malenkov
Data di Nascita: 21 dicembre 1879
Luogo di Nascita: Gori, Georgia, Impero Russo
Data di Morte: 5 marzo 1953
Luogo di Morte: Mosca, U.R.S.S.
Professione: Statista
Partito Politico: PCUS, Partito Comunista dell'Unione Sovietica

Josif Vissarionovic Džugašvili (in russo: ????? ????????????? ??????????), il cui vero nome era Ioseb Besarionis Dze Jughashvili (in georgiano: ????? ?????????? ?? ?????????), detto Stalin (in russo: ??????, ossia "d'acciaio"; altro pseudonimo Koba, cioè indomabile) fu un rivoluzionario bolscevico, capo del Partito Comunista e dell'Unione Sovietica (nato a Gori, Tiblisi, Georgia nel 1878 e morto a Mosca, Russia il 5 marzo 1953). Secondo i registri della chiesa parrocchiale di Gori la sua data di nascita è il 6 dicembre del 1878, ma egli dichiarava di essere nato il 21 dicembre 1879 e in tale data veniva festeggiato ufficialmente il suo anniversario nell'Unione Sovietica. È considerato uno dei peggiori criminali della storia avendo causato la morte di alcune decine di milioni di persone. In Ucraina vi è un giorno dell'anno, il 25 novembre, dedicato alla rimembranza dei milioni di ucraini fatti uccidere da Stalin. Italia, Usa, Canada e altri 7 Paesi hanno accettato la definizione di genocidio per la tragedia ucraina nota col nome di Holodomor.

Carriera iniziale

Nato da Vissarion Dzhugashvili (1850 - 1890?) e da Ekaterina Geladze (1858 - 1937), una famiglia di umili condizioni sociali, (il padre era ciabattino e la madre lavandaia). Secondo alcune fonti, ogni sera il padre si ubriacava e lo picchiava, cosi Stalin ebbe per tutta la sua esistenza pessimi rapporti con la propria famiglia; si ritiene anche che tali violenze abbiano provocato in lui diverse turbe psicologiche; dopo pochi anni, grazie a una borsa di studio, poté frequentare il seminario teologico ortodosso di Tiblisi.

Il contatto, però, con le idee e con l'ambiente dei deportati politici lo avvicinò alle dottrine socialiste. Entrato, così, nel movimento marxista clandestino di Tiblisi nel 1898, allora rappresentato dal Partito socialdemocratico (POSDR), lavorò per qualche tempo al locale osservatorio astronomico. Ma soprattutto cominciò, da allora, un'intensa attività politica di propaganda e di preparazione insurrezionale, che lo portò ben presto a conoscere il rigore della polizia del regime.


Stalin a 15 anni, nel 1894Arrestato nel 1900 e continuamente sorvegliato, Stalin nel 1902 lasciò la sua città per stabilirsi a Batumi, dove però venne subito imprigionato e condannato a un anno di carcere, seguito da un triennio di deportazione in Siberia. Fuggito nel 1904, tornò a Tiblisi e nei mesi successivi partecipò con energia e notevole capacità organizzativa al movimento insurrezionale, che vide la formazione dei primi soviet di operai e di contadini. Nel novembre del 1905, dopo aver pubblicato il suo primo saggio, A proposito dei dissensi nel partito, divenne direttore del periodico Notiziario dei lavoratori caucasici e in Finlandia, alla conferenza bolscevica di Tampere, incontrò per la prima volta Lenin, accettandone le tesi sul ruolo di un partito marxista compatto e rigidamente organizzato come strumento indispensabile per la rivoluzione proletaria.

Passato a Baku, dove fu in prima linea nel corso degli scioperi del 1908, Stalin venne di nuovo arrestato e deportato in Siberia; riuscì a fuggire, ma fu ripreso e internato (1913) a Kurejka sul basso Jenisej, dove rimase per quattro anni, fino al marzo del 1917. Nei brevi periodi di attività clandestina, riuscì progressivamente a imporre la sua personalità e a emergere come dirigente di livello nazionale, tanto da essere chiamato da Lenin, nel 1912, a far parte del Comitato centrale del partito.

Nello stesso anno contribuì a far rinascere a Pietroburgo la Pravda, mentre definiva, nel saggio Il marxismo e il problema nazionale, le sue posizioni teoriche (non sempre, però, in linea con quelle di Lenin, di cui non comprendeva la battaglia contro i deviazionisti, né la decisione di prender parte alle elezioni per la Duma). Tornato a San Pietroburgo (nel frattempo ribattezzata Pietrogrado) subito dopo l'abbattimento dell'assolutismo zarista, Stalin, insieme a Lev Kamenev e a Murianov, assunse la direzione della Pravda, appoggiando il governo provvisorio per la sua azione rivoluzionaria contro i residui reazionari. Ma questa linea fu sconfessata dalle Tesi di aprile di Lenin e dal rapido radicalizzarsi degli eventi. Nelle decisive settimane di conquista del potere da parte dei bolscevichi Stalin, membro del comitato militare, non apparve in primo piano e solo il 9 novembre 1917 entrò a far parte del nuovo governo provvisorio (il Consiglio dei commissari del popolo) con l'incarico di occuparsi degli affari delle minoranze etniche. A lui si deve l'elaborazione della Dichiarazione dei popoli della Russia, che costituisce un documento fondamentale del principio di autonomia delle varie nazionalità nell'ambito dello stato sovietico.

Membro del Comitato esecutivo centrale, Stalin fu nominato, nell'aprile del 1918, plenipotenziario per i negoziati con l'Ucraina. Nella lotta contro i generali "bianchi", fu incaricato di occuparsi del fronte di Tsaritsyn (poi Stalingrado, oggi Volgograd) e, successivamente, di quello degli Urali; in queste circostanze diede prova di grande coraggio, ma anche di notevole insensibilità e rozzezza nei rapporti umani e di eccessiva presunzione e schematismo nel valutare le vicende dello scontro tra le forze contrapposte. Proprio questo sollevò le esplicite riserve di Lenin nei suoi confronti, manifestate nel testamento politico in cui accusava Stalin di anteporre le proprie ambizioni personali all'interesse generale del movimento. Lenin era preoccupato che il governo perdesse sempre più la sua matrice proletaria, e diventasse esclusivamente un'ala dei burocrati di partito, sempre più lontani dalla generazione vissuta tanto tempo in clandestinità prima delle rivolte del 1917. Oltretutto intravvedeva un futuro dominio incontrastato del Comitato Centrale, ed è per questo che propose nei suoi ultimi scritti una riorganizzazione dei sistemi di controllo, auspicandone una formazione prevalentemente operaia che potesse tenere a bada la vasta e nascente nomenclatura di funzionari di partito.


Stalin e Lenin, 1919Nominato nel 1922 segretario generale del Comitato centrale, Stalin, unitosi a G. Zinovev e Kamenev (la famosa troika), seppe trasformare questa carica, di scarso rilievo all'origine, in un formidabile trampolino di lancio per affermare il suo potere personale all'interno del partito dopo la morte di Lenin (1924). Fu allora che nel contesto di una Russia devastata dalla guerra mondiale e dalla guerra civile, con milioni di cittadini senza tetto e letteralmente affamati, diplomaticamente isolata in un mondo ostile, scoppiò violento il dissidio con Lev Trockij, ostile alla Nuova Politica Economica e sostenitore dell'internazionalizzazione della rivoluzione. Stalin sosteneva invece che la "rivoluzione permanente" era una pura utopia e che l'Unione Sovietica doveva puntare alla mobilitazione di tutte le proprie risorse al fine di salvaguardare la propria rivoluzione (teoria del "socialismo in un Paese solo"). Trockij, sulla falsariga degli ultimi scritti di Lenin, pensava, assieme alla crescente opposizione creatasi in seno al partito (tra cui i Decei, critici del Centralismo Democratico), che ci volesse un rinnovamento democratico all'interno degli organi dirigenti, che sempre più venivano scelti su matrice non elettiva, dall'alto verso il basso, contrariamente agli spiriti che accesero la rivoluzione. Espresse queste sue posizioni al XIII congresso del partito, ma venne sonoramente sconfitto, oltretutto accusato da Stalin e dal "triumvirato" (Stalin, Kamenev, Zinovev) di "frazionismo", tendenza contraria alla direzione "monolitica" presa dal partito dal X congresso. Trockij venne isolato anche a causa delle norme di emergenza (prese precedentemente dallo stesso Lenin nel pieno della guerra civile sempre nell'ambito del X congresso) tese a strutturare un partito compatto, eliminando le tendenze frazionistico-scissioniste.

Le tesi di Stalin trionfarono soltanto nel 1927, quando infine il Comitato centrale si schierò sulle posizioni staliniane isolando Trockij (con il quale, nel corso del dibattito, avevano finito per associarsi anche Kamenev e Zinovev).


Cenni storici: l'era staliniana

Per approfondire, vedi la voce vittime di Stalin.
Per approfondire, vedi la voce articolo 58 (codice penale della RSFSR).

Francobollo sovietico anni '50 "La pace sconfigge la guerra". Fa parte delle raffigurazioni del dopoguerra. Sul manifesto c'è scritto "Grazie, caro Stalin per i nostri bambini felici". Lo scopo è far apparire Stalin come il salvatore dell'URSS dai nazisti.Con il 1928 iniziò l'"era di Stalin". Da quell'anno infatti la vicenda della sua persona si identificò con la storia dell'URSS, di cui fu l'onnipotente artefice fino alla morte. Posto bruscamente termine alla NEP con la collettivizzazione forzata e meccanizzazione dell'agricoltura, soppresso il commercio privato (i kulaki arricchiti furono declassati a semplici contadini dei kolchoz o avviati a campi di lavoro), fu dato avvio al primo piano quinquennale (1928-32) che dava la precedenza all'industria pesante. Circa la metà del reddito nazionale fu dedicata all'opera di trasformazione di un Paese povero e arretrato in una grande potenza industriale. Furono fatte massicce importazioni di macchinari e chiamate alcune decine di migliaia di tecnici stranieri. Sorsero nuove città per ospitare gli operai (che in pochi anni passarono dal 17 al 33% della popolazione), mentre una fittissima rete di scuole debellava l'analfabetismo e preparava i nuovi tecnici.

Anche il secondo piano quinquennale (1933-37) diede la precedenza all'industria che compì un nuovo grande balzo in avanti; ma non altrettanto brillante fu il rendimento agricolo per cui, in concomitanza con l'entrata in vigore di una nuova Costituzione (1936), ne fu modificata la troppo rigida struttura. A quest'opera indubbiamente gigantesca corrisposero tuttavia un ferreo autoritarismo e un'implacabile intransigenza: ogni dissenso ideologico fu condannato come "complotto".


Stalin, Jakovlev (a fronte), Khrušcëv e Vorošilov (a lato). Mosca, aeroporto di Tušino, 1935.Furono le terribili "purghe" degli anni Trenta (successive al misterioso assassinio di S. Kirov) che videro la condanna a morte o a lunghi anni di carcere di quasi tutta la vecchia guardia bolscevica, da Kamenev a Zinovev a Radek a Sokolnikov a J. Pjatakov; da Bucharin e Rijcov a G. Jagoda e a M. Tuchacevskij (1893 - 193[SM=g27989], in totale 35,000 sottoufficiali, ufficiali, generali e marescialli su 80,000 che componevano l'Armata Rossa.

Secondo le stime del KGB (1960, rese note dopo la caduta dell'U.R.S.S.) 681.692 persone vennero condannate a morte nel 1937-38 (353.074 nel 1937 e 328.018 nel 193[SM=g27989], 1.118 nel 1936 e 2.552 nel 1939 per reati politici. Il totale di condanne a morte politiche tra il 1930 e il 1953 è, sempre secondo queste stime di 786.098, anche se molti storici le considerano sottostimate per diversi motivi.

Certo all'origine del bagno di sangue che spazzò via dal PCUS ogni residuo frazionismo (operazione che privò fra l'altro l'Armata Rossa di oltre la metà dei suoi comandanti più prestigiosi) ci fu anche l'effettivo timore di complotti e di moti reazionari.

L'ostilità della Germania nazista e la diffidenza delle potenze occidentali sono dati inconfutabili, ma è certo che il terrore staliniano rimane una delle pagine più tragiche e oscure della storia russa. D'altra parte le gravosissime esigenze di politica interna indussero Stalin ad affidare a M. Litvinov il compito di assicurare la pace e di promuovere la distensione fra i popoli d'Europa.

Ammessa alla Società delle Nazioni nel 1934, l'URSS avanzò proposte di disarmo generale e cercò di favorire una stretta collaborazione antifascista sia fra i vari Paesi sia al loro interno (politica dei "fronti popolari"). Nel 1935 concluse patti di amicizia e reciproca assistenza con la Francia e la Cecoslovacchia; l'anno successivo appoggiò con aiuti militari la Spagna repubblicana contro Franco. Ma il Patto di Monaco (193[SM=g27989] costituì un duro colpo per la politica "collaborazionista" di Stalin che a Litvinov sostituì Vyacheslav Molotov (1939) e alla linea possibilista alternò una politica puramente realistica.

Così, di fronte alle tergiversazioni occidentali, Stalin preferì la concretezza tedesca (Patto Molotov-Ribbentrop del 23 agosto 1939) che, secondo lui, se non era più in condizione di salvare la pace europea, poteva almeno assicurare la pace all'URSS (una diversa interpretazione storiografica è, tuttavia, quella che vede il Patto Molotov-Ribbentrop come un tentativo di Stalin di far uscire l'URSS dall'isolamento internazionale in cui si trovava da almeno un biennio, reso palese dalla Conferenza di Monaco del 29-30 settembre 1938 cui l'Unione Sovietica non era stata invitata). La spartizione della Polonia (1939) e l'annessione di Estonia,Lettonia e Lituania e la guerra alla Finlandia (1940) rientrarono nella stessa concezione: garantire al massimo le frontiere sovietiche "calde". La successiva guerra alla Germania (1941-1945) costituì una pagina ingloriosa della vita di Stalin. Sotto la sua guida l'URSS riuscì sì a bloccare l'attacco nazista, ma a causa delle purghe che avevano ucciso quasi tutti i vertici militari, le battaglie, seppur vinte, causarono all'esercito russo perdite per molti milioni di persone. Tra le battaglie principali si ricorda l'assedio di Leningrado e la battaglia di Stalingrado.

Più che l'apporto – diretto e notevole – alla conduzione della guerra, fu comunque estremamente significativo il ruolo di Stalin come grande diplomatico, evidenziato dalle conferenze al vertice: un negoziatore rigoroso, logico, tenace, non privo di ragionevolezza. Fu assai stimato da Franklin Delano Roosevelt, meno da Winston Churchill cui fece velo la vecchia ruggine anticomunista.

Stimò a sua volta Chiang Kai-shek ma non altrettanto Mao Zedong e solo con riluttanza smise di pensare che la Cina poteva essere governata dal Kuomintang con l'adesione dei comunisti. Il dopoguerra trovò l'URSS impegnata nuovamente su un doppio fronte: la ricostruzione all'interno e l'ostilità occidentale all'esterno, resa questa volta assai più drammatica dalla presenza della bomba atomica. Furono gli anni della "guerra fredda", che videro Stalin irrigidire ancor più il monolitismo del Partito comunista fuori e dentro i confini, di cui è espressione evidente la creazione del Cominform e la "scomunica" della deviazionista Iugoslavia. Quando Stalin morì, la sua popolarità come capo del movimento di emancipazione delle masse oppresse di tutto il mondo era ancora intatta: ma bastarono tre anni perché al XX Congresso del PCUS (1956) il suo successore, Nikita Khrušc?v, denunciasse i crimini da lui commessi contro gli altri membri del partito dando il via al processo di "destalinizzazione".

Tra le opere di Stalin hanno notevole importanza ideologica e politica: La questione nazionale (1912); Materialismo dialettico e materialismo storico (193[SM=g27989]; Questioni del leninismo (1941); Il marxismo e la linguistica (1950).


Il tributo di sangue

Gli storici in genere concordano che, tenendo in considerazione oltre al terrorismo di stato (deportazioni e purghe politiche), le carestie e la mortalità in prigione e nei campi di lavoro, Stalin e i suoi accoliti furono direttamente o indirettamente responsabili della morte di milioni di persone. Sulla cifra esiste però un ampio dibattito. Gli archivi sovietici riferiscono che 786,098 persone vennero condannate a morte tra il 1930 e il 1953 per motivi politici (di cui 681,692 nel 1937 e 1938, durante le "grandi purghe", che però non vennero tutte eseguite; uno storico stime che i giustiziati siano stati in questo periodo tra i 300,000 e i 400,000) e che 1,054,000 morirono nei "campi di lavoro correttivi" (di cui 620,000 durante la guerra 1941-1945), circa 600,000 nelle "colonie di lavoro correttive" (colonie dove venivano mandati i condannati a meno di 3 anni per lavori spesso agricoli) e 389,000 Kulaki nella deportazione. Inoltre risulta che tra il 1921 e il 1954 2,400,000 persone sono state mandate nei gulag per reati politici (tra questi l'unico reato di parole era comunque solo l'incitamento a sovvertire o indebolire lo Stato) Tuttavia molti ritengono questi cifre sottostimate. Per esempio lo storico e demografo russo Erlikman ha stimato 1.500.000 giustiziati (aggiungendo alla cifra degli archivi di 800.000 persone giustiziate 700.000 esecuzioni sommarie), 4.300.000 morti nei campi di concentramento amministrati dal Gulag e in prigione (agli 1.900.000 ufficiali ha aggiunto 2.400.000 non riportati; la cifra sale a 5 milioni con i 700.000 morti nei campi di lavoro dal 1922 al 1929), 1.700.000 morti nelle deportazioni (di 7.500.000 deportati) e 1 milione di civili e prigionieri stranieri morti a causa dell'Armata Rossa, per un totale di 8.500.000 morti causati da Stalin. In Georgia circa 80.000 persone vennero giustiziate nei periodi 1921, 1923–24, 1935–38, 1942 e 1945-50, e più di 100.000 vennero deportate nei campi di lavoro.

I condannati ai gulag per "reati controrivoluzionari" (per vedere di che cosa si trattavano vedi articolo 58 (codice penale della RSFSR) furono, in totale, secondo gli archivi, dal 1921 al 1954, 2,400,000 e i condannati totali (anche per altri reati) nello stesso periodo non superarono i 9 milioni. I confronti tra il censimento del 1926 e quello del 37 suggeriscono un numero 5-10 milioni di morti in eccesso rispetto a quanto sarebbe stato normale per quel periodo, dovuti principalmente alla carestia del 1931–34. Il censimento del 1926 fissa la popolazione dell'Unione Sovietica a 147 milioni, mentre quello del 1937 registra una popolazione compresa tra i 162 e i 163 milioni. Quest'ultima cifra è di 14 milioni inferiore a quanto atteso dalle proiezioni. Il censimento del 1937 venne invalidato come "censimento disfattista" e i responsabili vennero puniti severamente. Un nuovo censimento venne eseguito nel 1939, ma la cifra pubblicata di 170 milioni viene in genere attribuita direttamente ad una decisione di Stalin. Si noti che la cifra di 14 milioni non implica 14 milioni di morti in più, poiché fino a 3 milioni possono essere ricondotti a nascite mai avvenute a causa di una riduzione della fertilità o per scelta.

Il 5 marzo, 1940, Stalin e altri alti funzionari sovietici firmarono l'ordine di esecuzione di 25.700 cittadini polacchi, tra cui 14.700 prigionieri di guerra. Questo episodio è noto come Massacro di Katyn. Il 20 agosto dello stesso anno un agente dell'NKVD assassina l'antico avversario di Stalin Lev Trockij, esiliato in Messico.

Oltre alla morte nei lager Stalin provocò la morte di forse milioni di persone per fame, le stime oscillano tra 1,54 (morti in eccessi registrati dagli archivi sovietici) o meno e 10 milioni (alcuni sostengono che la carestia sia stata pianificata). Questo quanto dichiarò alle Nazioni Unite alla vigilia della 61esima sessione dell'Assemblea generale dell'ONU (nell'estate 2006) il ministro degli esteri ucraino Boris Tarasiuk:

«lo sterminio di massa pianificato appositamente dal regime totalitario comunista dell'epoca ha causato la morte di una cifra oscillante tra i 7 e 10 milioni di uomini, donne e bambini innocenti, cioè di circa un quarto della popolazione ucraina dell'epoca»


Le drammatiche testimonianze scritte di proprio pugno da contadini agonizzanti dalla fame ai propri fratelli, mariti e figli all'epoca inquadrati nell'Armata Rossa non giungevano mai ai rispettivi destinatari, in quanto venivano regolarmente intercettate dalla censura militare affinché le voci relative a ciò che stava effettivamente accadendo nelle zone colpite dalla carestia non si diffondessero per tutto il paese.

Risultano alcuni documenti lasciati da testimoni dell'epoca:

Lettera scritta ad un artigliere dalla sorella residente a Krylovskaja, provincia di Rostov.
«Non ti puoi nemmeno immaginare l'orrore che stiamo vivendo al paese. La gente sta morendo di fame e quando qualcuno entra in casa per chiedere un pezzo di pane se non glielo dai rischi che ti taglino il collo. Se vedessi quante persone affamate, ammalate e gonfie dalla fame ci sono adesso...è una cosa spaventosa. La gente è affamata sino al punto che mangia carne di cavallo putrefatta.»


Lettera scritta dai genitori al soldato dell'Armata Rossa Yurcenko da Novo-Derevjanovskaja, Caucaso del Nord.
«Quanta gente muore di fame; i cadaveri giacciono fino a 5 giorni lungo le strade senza che nessuno si preoccupi di sotterrarli. La gente ha fame, le forze per scavare le fosse non le ha più. Fa paura persino a guardare chi è ancora vivo...le facce stravolte, gli occhi piccoli e prima della morte il gonfiore diminuisce, diventando di un colore giallastro. Non sappiano che ne sarà di noi, ci attende la morte per fame...»


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Per i villaggi, che ogni anno dovevano consegnare una parte del raccolto allo Stato, furono fissate quote altissime, proprio in un periodo di raccolti magri. Di fronte al mancato rispetto delle quote, Stalin inviò la polizia politica a requisire l' intero raccolto. «Arrivavano, cercavano dappertutto e si portavano via anche il cibo cotto nelle pentole», racconta Dmytro Kalenyk, 88 anni, uno dei due sopravvissuti in una famiglia di 14 persone. I contadini, ai quali era vietato lasciare i villaggi, erano condannati. «Per una spiga di grano si veniva fucilati sul posto», racconta ancora il vecchio agricoltore. Interi villaggi vennero cancellati. Quando anche l' ultimo abitante era morto, issavano una bandiera nera e qualcuno arrivava a seppellire i morti. Chi ci riusciva, abbandonava i figli alle stazioni, sperando che le autorità li avrebbero portati in orfanotrofio. «Uccidemmo i gatti, cucinammo i cani; poi le persone iniziarono a mangiarsi fra di loro», racconta Anna Vasilieva, 85 anni. Tale tragedia provocata dal dittatore Stalin non riguardò solo l'Ucraina. L' Izvestiya ha pubblicato la lettera inviata dalla figlia che abitava a Rostov sul Don a un certo Rostenko: «Ero andata a cercare pane e ho visto che tutti correvano in vicolo Nikolayevskij. C' era un mucchio di gambe e braccia buttate nel catrame. Poi ho saputo che una donna è stata arrestata al mercato perché vendeva salame di carne umana».

Riportiamo ora uno dei tanti documenti di Stalin che la dice lunga sulle effettive cause di quella strage collettiva, più esattamente la direttiva da parte del Comitato Centrale del partito comunista sovietico, datata 22 gennaio 1933, che proibì l'esodo di massa dei contadini affamati dalle loro terre, condannandoli di conseguenza alla morte per fame.

Il Comitato centrale del partito comunista sovietico ed il Soviet dei commissari del popolo sono stati informati in merito ad un esodo di massa in corso nelle zone del Kuban e dell'Ucraina da parte di contadini alla ricerca "di pane" che si dirigono nelle zone del Volga, della provincia di Mosca, nel Caucaso ed in Bielorussia. Sia il Comitato centrale del partito comunista sovietico che il Soviet dei commissari del popolo non dubitano minimamente che si tratti di un atto simile a quello dell'anno scorso avvenuto in Ucraina e pianificato da nemici del potere sovietico ed agenti polacchi allo scopo di organizzare agitazioni "attraverso i contadini" nelle zone settentrionali dell'Unione Sovietica contro i kolchoz e soprattutto contro il potere sovietico. L'anno scorso sia gli organi di partito che quelli della polizia militare ucraina non si sono rivelati in grado di opporsi a questo atto contorivoluzionario organizzato nei confronti del potere sovietico. Quest'anno non verranno in nessun modo tollerati errori del genere.

Per tanto il Comitato centrale del partito comunista sovietico ed il Soviet dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica ordinano alle autorità di polizia militare del Caucaso del Nord e dell'Ucraina di contrapporsi all'esodo di massa dei contadini locali in altre zone. Il Comitato centrale del partito comunista sovietico ed il Soviet dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica ordinano altresì alle autorità di polizia militare della provincia di Mosca, della Bielorussia e del Volga innanzitutto di arrestare sul posto i contadini ucraini e caucasici che in qualche modo siano già riusciti a penetrare nei territori soprindicati e, in secondo luogo, una volta che gli elementi controrivoluzionari siano stati individuati, provvedere al rientro di tutti gli altri nei rispettivi luoghi di residenza".

Il presidente del Soviet dei commissari del popolo dell'Unione Sovietica, V.M. Molotov

Il segretario generale del Comitato centrale del partito comunista dell'Unione Sovietica, J.V Stalin

Riguardo coloro che negano che le vittime del periodo staliniano siano statisticamente rilevanti si basano anche sul confronto tra i censimenti della popolazione. Infatti se si confronta la popolazione dell'Unione Sovietica nel gennaio del 1959 che è di 208.827.000 mentre nel 1913, negli stessi confini, era di 159.153.000, si può stabilire che l'incremento annuale della popolazione è dello 0,60%. Se confrontiamo questi dati con altri paesi otteniamo:


Regno Unito[SM=g27992]P. 1920)43718 - (P. 1960)52559 -(Aumen. ann. p.) 0,46%

Francia[SM=g27992]P. 1920)38750 - (P. 1960) 45684 -(Aumen. ann. p.)0,41%

Germania*[SM=g27992]P. 1920)61794 - (P. 1960)72664 -(Aumen. ann. p.)0,41% I numeri sono in migliaia.

(DDR : 17.241.000, Berlino : 2.199.000, RFT : 53.224.000)
(Fonte: ??????????????? ????? ???? / ??? ???. ?.?.????????. ?.: "??????????". 1974.)

Come si vede la popolazione dell'Unione Sovietica nonostante che nel calcolo, a differenza degli altri stati, vi sia compreso il periodo della prima guerra mondiale e della guerra civile, e nonostante i 27 milioni di morti nella seconda guerra mondiale ha avuto un aumento annuale del 50% superiore agli altri stati menzionati. Dunque non si potrebbe parlare di decine di milioni di morti.

Una frase popolarmente attribuita a Stalin è "La morte di un uomo è una tragedia, la morte di milioni è statistica." detta a Churchill alla Conferenza di Potsdam del 1945.


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