00 14/09/2006 15:05
II parte
Ed ecco che siamo giunti alla seconda parte del nostro trattato d’ideologia politica popularum. Riaffermiamo nel soffermarci adesso che la nostra ideologia è assolutamente diversa dalle precedenti ideologie preesistenti.
La nostra idea di libertà si fa alla libertà individuale che non è da confondersi con la libertà economica che ci offe il comunismo, o la libertà civile espressa dal fascismo, ne quella democratica della libertà politica.
La libertà individuale sta nell’operare le nostre scelte sia in campo civile, economico che politico.
Infatti non solo pensiamo che la Stato deve essere garante nei confronti dei suoi cittadini, garantendo loro la possibilità di soddisfare i loro bisogni economici, anche attraverso un severo controllo della politica economica attuata nei settori economici del paese, ma che lo stato deve intervenire cercando in ogni modo di evitare delle crisi economiche.
Oltre a questo fatto lo Stato, garantendo la libertà economica, non deve dimenticarsi ne della libertà civile che di quella economica.
Nella libertà civile sta buona parte della libertà individuale, in quando il cittadino deve essere in grado di operare delle scelte nel proprio livello di possibilità, senza doversi massificare in una massa omogenea.
Infatti pensiamo che l’intera società non deve essere pari, ma che nella diversità che non opprime comunque il resto che questa stessa società si deve rappresentare, non una massa, ma una serie di individui consapevoli di potere operare delle proprio scelte in qualunque campo.
E lo stato deve esserne sempre garante con tutti i suoi poteri, permettendo all’essere umano, di potere essere sempre un individuo.
Infine giungiamo alla libertà politica, che deve essere garantita, in quando espressione della sovranità popolare del popolo.
La storia della democrazia ci ha insegnato che spesso la sovranità popolare è calpestata dallo stesso fatto che la democrazia garantisce la libertà politica a tutti, anche a coloro che vorrebbero sopprimerla, e che si organizzano per farlo in partiti democratici solo di facciata, e che invece come poi questi gruppi demagogici e arrufapopolo riescano imbrogliando il popolo stesso e distorcendo a loro favore la voluntas popularum a ridurre lo stato a mera macchinetta nelle loro mani. C’è l’hanno insegnato questi la dittatura, il regime mussoliniano, il regime stalinista e soprattutto quello Hitleriano della Germania nazista.
Dunque a questo punto noi non solo concordiamo comunque nella democrazia che propugna l’idea massima di avere come padrone l’imparziale giustizia, ma siamo anche concordi nel fatto che lo stato sotto l’egida di una mano forte, di una forte figura istituzionale con poteri sufficienti a proteggere lo stesso stato, deve difendere la libertà democratica.
Arrivando ad un dunque sulle libertà noi quindi siamo fermamente convinti che esse devono essere sempre e comunque difese dallo stato garante verso i cittadini e la voluntas popularum, ossia la massima sovranità dello stato popolare.
Quando al sistema delle classi, e del loro abbattimento, noi ci schieriamo contro qualunque tentativo di Rivoluzione, in quando questo è un sistema troppo violento che accelera violentemente un processo che dovrebbe essere controllato e livellato in modo lento, senza comunque massificare la società in un'unica classe sociale. Infatti noi riaffermiamo anche qui che nella diversità che non opprime l’altro che sta la libertà individuale dell’individuo.
Quindi non una rivoluzione, ma meglio un processo storico garantito dalla perenne attività dello stato fino a raggiungere quello stato d’equilibrio sociale che è l’obbiettivo comune delle correnti politiche devote alla volontà di pace del popolo.
La rivoluzione violenta infatti non è altro che un erroneo acceleramento dell’intero processo che porta a orripilanti vere e proprie epurazioni e a discutibili risultati che reggono sull’appiattimento della società, sulla distruzione dell’individuo. Un risultato comunque, ma non certo dei migliori.
Anche il non-intervento è scorretto in quando comporta un processo non controllato che porterebbe sicuramente a quella fase di crisi economica della divisone tra ricchi e poveri.
Indi il risultato meglio eseguito è a livello teorico quello propugnato del processo storico sotto l’egida statale, ma sempre restando sul teorico, perché noi da buoni pragmatisti sappiamo che nulla di quello che è espresso a livello teorico corrisponde perfettamente a quello che avviene a livello pratico.



RES PVBLICA SPQR REPUBBLICA ROMANA


Principe del Senato di SPQR

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